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Obiezioni mosse alla storia del beato Simone da Wagenseil e altri

In occasione della festa di san Simonino 2022 (24 marzo) pubblichiamo il Cap. 23 del libro del Sac Giuseppe Divina, parroco di san Pietro in Trento : Storia del Beato Simone da Trento. Compilata sui processi autentici istituiti contro gli ebrei sopra altri documenti contemporanei (Trento 1902, tipografia Artigianelli).

Obiezioni mosse alla storia del beato Simone da Wagenseil e altri

Prima parte

Se dessimo fine a questo qualunque lavoro, senza accennare agli argomenti, onde già in antico si cercò di negare il martirio del beato Simone, ci parrebbe quasi inutile la nostra fatica. Perciò verremo qui brevemente e con tutta sincerità esponendo queste opposizioni e cercheremo da parte nostra di mostrare quanto esse riescano e futili e vane, con argomentazioni da quelle diverse, onde tessemmo questa storia.

Come fossero insussistenti le prime avvisaglie degli ebrei e dei loro fautori; come ruinose per essi stessi le loro strane difese, apparve di già dai processi. Ed esse, finché la memoria dell’empio fatto, tramandato ai posteri dai molti storici, durò viva tra le generazioni credenti, vennero lasciate in disparte; ma quando, in nome di una nuova critica, si credette di essere in diritto di chiamar novellieri gli storici del beato Simone; quando la pietà declinante si mostrò disposta a cedere nelle sue credenze, furono disseppellite e poste in luce novella.

Lo storico principale che mise mano a quest’opera, fu Giovanni Cristoforo Wagenseil, scrittore protestante molto stimato in Germania, che nell’anno 1705 stampò a Lipsia un libro, nel quale raccolse tutte le possibili opposizioni alla storia del nostro beato fanciullo in difesa della sinagoga (1). Qualche cosa di simile era stato fatto da Iacopo Basage nella sua Storia degli ebrei.

Prese ancor nel secolo diciottesimo a confutarlo il Bonelli, ma le sue fatiche fruttarono poco davvero: chè gli scritti dell’uno e dell’altro, ma anzitutto del primo, divennero, dirò cosi, la fonte comune per tutti coloro, i quali si assunsero l’impresa di cingere d’intorno al capo dei sacrileghi uccisori la corona di vittime della tortura.

Eppure molti degli argomenti da loro usati erano stati dal francescano distrutti, ma, anche in questo caso, avvenne quello che, purtroppo, accade di frequente; le confutazioni si ignorano, o non si curano, mentre l’errore, che piace, continua nella sua via trionfale. Non si maraviglierà quindi nessuno, se nel nostro discorso useremo talvolta di quelle stesse ragioni che servirono al Bonelli.

I. Ed ecco dapprima un’obbiezione, diremo così, pregiudiziale: Gli ebrei, asseriscono, non hanno giammai ucciso bambino alcuno a scopo liturgico. Ed invero, soggiungono, nessun ebreo convertito al cristianesimo, dopo la sua. conversione, lo ebbe a dichiarare.

Lasciando da parte una considerazione puramente logica, per la quale basterebbe dire che contro i fatti realmente avvenuti ogni obbiezione a priori non ha valore alcuno, ci basti accennare a quelle quattro testimonianze di ebrei convertiti che vengono riferite anche dal Bonelli. Il dottor Paolo Medici fiorentino, che di ebreo divenne cristiano e molte opere scrisse, nel libro suo Riti e costumi degli ebrei dice appunto : Sa ognuno che sono piene le storie delle uccisioni di fanciulli cristiani fatte dagli ebrei (2). La testimonianza del secondo ebreo convertito ci viene riferita dal beato Alfonso da Spina francescano nell’opera Fortilitium fidei de bello Iudaico, nella quale racconta che un ebreo, recatosi da lui per abiurare il giudaismo, ebbe in seguito ad una sua domanda a narrargli come aveva un tempo udito dai suoi genitori « che un medico ebreo di Ancona aveva comperato da un perverso cristiano un fanciullo di 4 anni e condottolo in Pavia lo avea ucciso barbaramente. E di poi soggiunse la narrazione di un altro fanciullo ucciso a Savona, mentre egli era colà presente condottovi da suo padre. Dalla sua narrazione s’intende che quel fanciullo fu ucciso nella stessa maniera del nostro beato Simone. »(3).

Né vuolsi dimenticare l’affermazione giurata di quel Giovanni da Feltre che trovavasi a Trento, quando qui accadde l’orribile delitto, il quale, come riferimmo, aveva esposto al podestà il rito giudaico dell’infanticidio ed insieme attestato di averne udito narrar uno dal padre, il quale aveva aggiunto che per quel fatto erano stati processati più di quarantacinque ebrei (4).

Da ultimo il Bonelli oppone al Wagenseil l’asserzione del famoso Giovanni Pfefferkorn, giudeo convertito, e poi caduto in enormi errori. Costui nello Speculum adhortationis Iudaicae ad Christum, opera edita in Colonia nel 1507, quantunque neghi « ché ai giudei sia necessario il sangue cristiano come mezzo di salute e che per questo uccidano i bambini cristiani (5) » non nega tuttavia l’infanticidi giudaici, anzi dice espressamente: « E’ cosa credibile si sieno trovati e che pur tutto dì si possano scovare dei giudei i quali tendano insidie ai bambini cristiani fino alla morte, non già per il bisogno di averne il sangue, ma sì per odio contro di loro e per vendicarsi de’ cristiani, come un tempo, quando aveano maggior potere, mossero aperta guerra a Cristo, agli apostoli ed ai credenti.(6)

Queste quattro testimonianze parvero bastanti al Bonelli; noi però potremmo aggiungervene delle altre: ci accontenteremo di dire che dell’argomentazione del Wagenseil non si servono più così frequentemente coloro che negano in modo assoluto l’uso del sangue presso agli ebrei. A prevenire però ogni citazione, affermano senz’altro sfacciatamente che que’ giudei convertititi, che attestarono il rito in parola, son tutti uomini malvagi ed ignoranti, alle cui asserzioni non si deve attribuire peso alcuno (7). E con ciò cambiano in prova una pura asserzione.

II. In secondo luogo dice il Wagenseil: Gli ebrei non uccidono fanciulli cristiani, e lo attestano non solo i principi, ma eziandio i romani pontefici che emisero costituzioni in difesa della giudaica innocenza. E riferisce dapprima un editto di Federico III dato nel 1470.

Orbene, ammessa pur un istante l’autenticità e l’infallibilità di quest’ultimo atto (8), esso avrebbe forza solo per i tempi che lo precedettero: gli infanticidi posteriori storicamente provati ne distruggono tutto il valore. E ancora, dal vantato editto null’altro si deduce, se non questo che non constava, nè era cosa credibile che gli ebrei avessero bisogno del sangue di un fanciullo cristiano; che perciò non si doveva di leggeri e sull’unico fondamento di semplici sospetti e senza la deposizione di testimoni degni di fede, procedere contro di loro, il che è pienamente conforme ad ogni legge divina ed umana. Ma v’è di più : lo stesso Federico III, poiché vide i processi trentini, anziché assumersi la loro protezione e volerli sottratti al meritato castigo, permise che la giustizia avesse il suo corso ed approvò l’operato dell’Hinderbach. Anzi lo stesso imperatore ordinò al margravio di Baden di procedere intorno ad un infanticidio di fresco commesso e di cui si voleva fossero colpevoli gli ebrei. Ed infatti il principe venne poscia a rilevare il delitto colla testimonianza di quindici testimoni e colla confessione spontanea, senza tortura, di due ebrei (9).

Ed ora volgiamoci a parlare delle bolle pontificie in difesa degli ebrei tante volte citate, tante volte presentate quasi documenti irrefragabili ed inconfutabili, tali insomma, dai quali dovrebbe, secondo i fautori dei giudei, ognuno dedurre quanto false siano le accuso tutte contro di essi, e in ispecie quella che riguarda l’uso rituale del sangue.

Il Wagenseil trae ogni suo appoggio da due, la prima di Gregorio IX, la seconda di Innocenzo IV (10). Alle bolle riferite dal professore di giurisprudenza e di lingue orientali, i difensori de’ giudei ne aggiunsero in progresso di tempo molte altre; tra queste meritano qui di essere menzionate tre bolle dello stesso Innocenzo IV, una di Gregorio X dei 7 ottobre 1272, ed una di Martino V dei 20 febbraio 1422 (11).

Anzitutto tutti questi atti pontifìci si riferiscono a casi particolari, a casi cioè, nei quali o l’ingiustizia de’ persecutori ora evidente, o la persecuziune derivava da uomini a cui nè nello stato nè nella Chiesa era legittimamente attribuita autorità alcuna, o infine la colpa d’uno veniva con manifesta lesione d’ogni legge umana e divina estesa a tutti che seguivano il giudaismo. Anche da questo solo apparisce che l’applicazione di quelle bolle al caso di Trento è affatto illogica. E ancora; se ci stesse in cuore il desiderio di impinguare questo lavoro, potremmo alla nostra volta citare delle altre bolle di questi stessi pontefici, dalle quali ogni lettore si persuaderebbe di leggieri che quei pontefici, come sorgevano a difesa de’ giudei ingiustamente accusati, sapeano pur anche manifestare la loro indignazione per i soprusi, onde gli stessi si rendevano a’ loro tempi colpevoli (12). Ed inoltre, se nelle bolle date da pontefici e ripetutamente rinnovate s’avevano dei privilegi speciali per loro, questi erano stati da Eugenio IV, da Nicolò V, da Callisto III revocati ed annullati (13): per questi motivi nè l’Hinderbach nè il podestà Sala, nè i giudici di Trento possono essere accusati di avere, comunque, mancato al loro dovere o a ciò che imponevano le costituzioni o i decreti pontifici.

Venendo ora a parlare di queste singole bolle, ci piace anzitutto avvertire che la bolla di Gregorio IX del 1230 citata dal Wagenseil nulla ha a che fare con l’accuse di infanticidi, mentre quella dei 3 maggio 1235 ordina solo che « nessun cristiano ardisca senza il giudizio della legittima autorità del paese ferire o uccidere le persone degli ebrei o spogliarle delle loro sostanze. » E davvero, colla decisione del papa, vogliamo sperare, saranno perfettamente d’accordo anche i più furibondi antisemiti (14). Era l’espressione del diritto comune. Gregorio con quelle parole, mentre poneva un freno all’ingiustizie ed ai furori, richiamava nuovamente alla memoria i comandi del Salvatore.

Due delle bolle di Innocenzo IV si riferiscono a casi particolarissimi e sono precisamente quelle dirette all’arcivescovo di Vienna addi 28 maggio 1247 (15). Si trattava di una bambina di due anni circa, che si volea fosse stata uccisa dagli ebrei, onde, nati tra il popolo rumori e dicerie, molti giudei, affatto innocenti, erano stati in orribil modo tormentati e massacrati. Il papa tolse gli infelici sotto la sua protezione. Son bolle adunque che nulla dicono per il caso di Trento, nulla sentenziano di generale; anzi egli dichiara espressamente che s’era proceduto senza legittima autorità, e che gli accusati non erano punto nè convinti nè confessi (16). Epperò ordina a quel prelato elio non permetta che gli ebrei vengano indebitamente (contro giustizia) molestati (17).

Ben più importante delle due sovraccennate è la bolla dello stesso pontefice diretta ai vescovi di Germania e di Francia ai 5 luglio 1247. Essa fu, ed è per dir cosi, l’Achille di coloro che negarono o negano tuttodì l’infanticidio giudaico del beato Simone, quasiché un atto precedente valesse a distruggere un fatto storico avvenuto più di due secoli dopo.

Comunque, questa bolla Lacrimabilem Iudaeorum ci attesta la carità di Innocenzo IV, il suo alto sentimento della giustizia, il suo amore per tutti i figli di Adamo. Eppure anche qui il romano pontefice, anziché condannare qualsivoglia procedimento contro gli ebrei, non fa che richiamare alla memoria le più sane norme di diritto: egli vieta rigorosamente che su vani sospetti, su dicerie del popolo senza legittima procedura d’una autorità legittima e senza, le forme dalla legge volute si abbiano a tormentare, a spogliare, ad uccidere i giudei (18). Ed era dovere di Innocenzo quello di difendere i discendenti di Israele contro tutte le ciarle o leggermente sparse e maliziosamente diffuse e contro le violenze di signori cupidi o avari e di un popolo selvaggiamente credulo e rozzo. Ecco le sue parole : « Poiché alcuni allo scopo di rapire e di usurpare ingiustamente i beni de’ giudei, con empi pensieri e con finzioni… imputano a loro falsamente che, nella solennità della pasqua, nella quale è a loro proibito di toccare un essere morto, si cibino del cuore di un fanciullo morto e maliziosamente presentano il cadavere d’un morto, ove accada di ritrovarne alcuno….. e per queste e somiglianti finzioni, incrudeliscono contro di quelli, non accusati, non confessi, non convinti,… noi non volendo che essi vengano ingiustamente vessati vi ordiniamo di non permettere che essi abbiano ad essere indebitamente (in modo contrario al diritto, alla legge, al dovere) molestati per questi motivi (19) ».

Ai detti del papa a tutto rigor di logica aggiunge il Bonelli: « Or senza tante chiose intende tosto ognuno contro chi se l’abbia presa il pontefice Innocenzo, che egli qui non altri condanna, fuor quelli che ogni uom onesto e noi pure di tutto cuor condanniamo, dovendosi a chiunque amministrare esattamente la giustizia e non essendo mai lecito condannar l’innocente od anche il reo non accusato, non confesso, non convinto (20) ». Nè è lecito, davvero, accusare persona alcuna con falsità o con finzioni. Ed è cosa che torna a lode dei pontefici quella d’aver ordinato che la giustizia si amministri secondo le forme dal giure prescritte. Ma da questa lettera di Innocenzo IV non può ricavarsi argomento alcuno per negare l’esistenza di una legge più o meno osservata dagli ebrei, di una legge esiziale ai cristiani, diffusasi e sparsa per tradizione.

V’ ha infine un’altra bolla d’Innocenzo dei 25 settembre 1253, nella quale nuovamente dice che a cagion del sospetto, che essi usino del sangue umano, molti ne erano stati uccisi, il che egli proibisce severamente comminando le pene ecclesiastiche ai contravvenienti (21). Quanto si è detto poco sopra intorno alla costituzione del 1247 vale pienamente anche di questa. Certamente accusare, condannare e spogliare, soltanto sulla base di sospetti e di timori, è cosa contraria non solo alla religione cattolica, ma anche alla legge naturale, è cosa, in una parola, semplicemente iniqua.

Riportano ancora una bolla di Gregorio X dei 7 ottobre 1272, la quale tuttavia non esiste che in una copia: della sua autenticità si potrebbe a buon diritto dubitare (22). In essa il papa, rinnovando le costituzioni dei suoi predecessori proibisce che su asserzioni false ed infondate per cause frivole o inventate s’abbiano ad imprigionare i giudei, specialmente, quando certi cristiani allo scopo di danneggiare i loro nemici, nascondono a bella posta i fanciulli per poter poi accusare gli ebrei di infanticidio. E chi non vede che anche qui ci trattava di compiere pienamente giustizia? Ma lo stesso Gregorio che pur voleva salvati i diritti di questa, dopo aver ordinato che i giudei fatti prigioni per frivoli motivi com’eran quelli, venissero liberati, soggiunge tosto « quando però per l’avvenire non avessero ad esser colti in fragrante delitto (23)». E l’Hinderbach che questa bolla aveva veduta, vi aggiungeva in margine di proprio pugno: « Come si vide qui in Trento ».

Citano ancora una bolla di Martino V dei 20 febbraio 1422, ma anche in questa ritornano sempre quelle stesse parole, colle quali si condannano quei cristiani che colle finzioni e con ingiuste accuse di infanticidi e di altri delitti si studiano di spogliare de’ loro beni gli ebrei.

Sia pur stata quale si vuole l’opinione personale dei singoli pontefici, siano pur stati anche più ampli e più estesi i privilegi da loro largiti agli ebrei, a noi basta osservare che questi stessi privilegi erano stati al tempo dei processi di Trento, abrogati e cassati, dapprima per la Spagna tutta da Eugenio IV addì 8 agosto 1442 (24), quindi per tutta l’Italia da Nicolò V ai 23 giugno 1447 (25) e infine per tutto l’orbe da Callisto III ai 28 maggio 1466. Questi anzi diceva d’esser costretto a ciò dal fatto che gli ebrei malgrado le bolle dei suoi predecessori continuavano nel loro disonorevole e pessimo contegno. Epperò toglieva loro qualunque privilegio, qualunque immunità e qualunque esenzione era stata nel passato loro concessa o da papi o da altra persona (26). Ed ancora: tutte le conclusioni che si vorrebbero dedurre dalle bolle sovraccennate, per cui essi sarebbero calunniati a torto, di fronte al fatto innegabile di Trento cadono di per sè distrutte; tali deduzioni infatti, sono assolutamente illogiche e puerili.

Infine Sisto IV approvando i processi trentini, riconobbe che gli ebrei a Trento, erano stati giustamente accusati, che, solo dopo una legittima inquisizione, confessi dell’orrido misfatto, erano stati condannati a morte. Con ciò riconobbe che essi avevano ucciso il beato Simone e ne avevano usato il sangue nella loro pasqua. Anzi questo medesimo giudizio fu confermato da Sisto V un secolo dopo, quando concesse alla diocesi di Trento e l’ufficio e la messa e una particolare festività in onore del beato fanciullo (27).

Nel medesimo tempo Sisto IV, al pari di Innocenzo IV, prescriveva che « nessun cristiano nel fatto dell’uccisione del beato Simone di sua privata autorità senza un giudizio legittimo presumesse di uccidere, mutilare o ferire alcun ebreo od estorcergli denaro od impedirgli che continuasse i suoi riti permessi dalla legge. » Infatti tra l’accusare e il condannare ingiustamente e il procedere contro di loro secondo giustizia passa un’enorme differenza. Perciò le costituzioni dei pontefici emesse per impedire le ingiustizie contro gli ebrei, non possono essere invocate in difesa degli stessi, ove siano stati convinti e confessi in una regolare procedura.

Note

(1) Iohann Christoph Wagenseil, Benachrichtigungen wegen einiger die gemeine Jüdischheit betreffenden wichtigen Sachen. Lipsia 1705 e precisamente nella parte che tratta von dem denen Juden fülschlich beygemessenen Gebrauch des Christenblutes.

(2) Anche nell’ultima edizione di quest’opera (Torino, Borri, 1874, p. 75). Eppure viene citato come persona che non parla punto del rito del sangue, e si che queste parole lo sottintendono.

(3) Questa attestazione fu fatta alla presenza anche del padre Pietro Vela guardiano di quel convento. L’ebreo la confermò, dopo ricevuto il battesimo col nome di Francesco nella chiesa di s. Giacomo a Valladolid, alla presenza di monsignor vescovo Garzia, di Pietro Vasquez decano della chiesa di Campostella, di più altre persone ragguardevoli così laiche come ecclesiastiche e del secretano del vescovo Pietro Martini che fece stromento autentico e sigillato di tutto. Questo giusta la testimonianza di Alfonso si conservava ancora nel prenominato convento di Valladolid. Il neofito aveva detto che il secondo infanticidio era seguito quattro anni prima della sua conversione e perciò nell’anno 1452. (Bonelli, Dissertazione p. 20).

(4) Bonelli, Dissertazione p. 22. Ed è qui che si potrebbero citare le attestazioni di Volfango (Israele), il quale senza punto essere sottoposto alla tortura, narrò al podestà di Trento parecchi infanticidi ai quali egli era stato presente. Riguardo a costui infatti da una parte « non può menomamente aver luogo il sospetto che per fini bassi o per meglio guadagnare il cuore dei cristiani siasi indotto ad aggiunger peso col suo testimonio alle protese imposture», mentre con ciò non avrebbe fatto che aggravare sé stesso ed i suoi correligionari e d’altro canto « egli si era mostrato lontano da ogni timore fino a dichiararsi in faccia al giudice e a tutto il tribunale ostinato nel giudaismo, poc’anzi falsamente abiurato». Le sue asserzioni pertanto non « possono attribuirsi ad altro che alla forza della verità che indipendentemente da ogni altro motivo, anche a danno suo e del giudaismo lo costrinse a riconoscerla e professarla ». Inoltre proprio al tempo dei processi tridentini era giunto in Rovereto un ebreo convertito, il quale e combatteva i fautori degli ebrei, e perciò stesso si mostrava persuaso della verità degli infanticidi in generale e in ispecie di quello di Trento. Così riferiva al vescovo di Trento Giacomo da Correggio addi 28 novembre 1475. (Ivi, p. 53).

(5) E ne porta una ragione a priori dicendo che questo è proibito dalla sacra Scrittura e dalla legge naturale. Ragione davvero forte! Se così fosse, la società umana non dovrebbe essere funestata da delitto alcuno: anzi l’usura stessa, pur così frequente tra i giudei, non dovrebbe essere giammai esistita.

(6) Bonelli, Dissertazione p. 23. È strano che un difensore degli ebrei invochi questa testimonianza contro il martirio del beato Simone e contro la credenza negli infanticidi (Cfr. Stuack, Der Blutaberglaube, München, 1892, ed. 2. p. 139 c ed. 9. del 1900 p. 172).

(7) Cfr. Strack, o.p. c. p. 93 c ed. del 1900 p. 104.

(8) È assai dubbiosa l’autenticità dell’editto di Federico III: con esso egli avrebbe ordinato che tutte le accuse contro gli ebrei per un omicidio di cristiani fossero portate dinanzi a lui. Ma ora non si trova più: in ogni caso quell’editto deve essere stato revocato.

(9) Bonelli, Dissertazione p. 30-34, il quale riporta un documento in parola (cfr. p. 33 b). Pensa poi il Bonelli, che il decantato editto sia una frode ebrea, perchè gli ebrei di Trento ed i loro avvocati che pur erano ricorsi all’arciduca Sigismondo, allo stesso imperatore ed al pontefice, non si appellarono al medesimo, nè esso venne giammai nominato nè dal difensore Pavino che rapporta per minuto tutte le opposizioni degli ebrei, nè dall’anonimo che scrisse le difese contro il Ventimigliese, nè in nessun altro documento (cfr. p. 34 a). Fosse anche vero ed autentico l’editto di Federico III, esso fu espressamente revocato dall’imperatore Massimiliano, figliuolo dello stesso Federico III ed immediato successore di lui, con un altro editto, emanato pochi anni dopo, nel quale va dichiarando purtroppo esser vero che gli ebrei crudelmente uccidevano bambini cristiani, che del loro sangue facevano uso e che avevano finte lettere e suggelli per inganno dei poco accorti e meno avveduti. Questo editto è portato da Adriano Kempter nel suo trattato sul beato Andrea da Rinn (cfr. p. 38).

(10) Alla loro autenticità noi prestiamo intera fede: tuttavia ci sia lecito riferire quanto ci dice il padre Bonelli. Egli, dopo aver accennato che della loro autenticità dubita il Pavino, fa osservare che quelle due costituzioni già accampate dagli ebrei nel processo di Roma furono mostrate di nessun valore. Di più fa notare che la loro confutazione fatta dal Pavino si conservava nell’Archivio del Castello del Buon Consiglio, e che un’altra si trova anche inserita in un volume di consigli stampato a Venezia nell’anno 1439. Incipiunt aurei utiles et non contemnendi Tractatus Excellentissimorum in utroque censura doctorum etc. Anche gli avvocati trentini presso la santa sede scrivevano ai 12 febbraio 1477, all’Hinderbach di aver risposto a molte citazioni di privilegi pontifici pretesi dai giudei, e che non si curarono di tali argomenti, perchè essi non erano stati da lui mandati per contendere coi giudei, ma semplicemente a provare il delitto commesso a Trento e confessato dagli ebrei ed ebree (Cfr. Bonelli, Dissertazione p. 36 b).

(11) Cfr. Strack, o. c. p. 132, 147 cd. 1900, p. 177-188, s. ed altri opuscoli di origine ebraica. Noi non ci occupiamo delle bolle posteriori al martirio di Trento.

(12) Così lo stesso Gregorio IX in una bolla dei 16 maggio 1229 ammetteva che un fanciulletto figlio di un ebreo convertito non doveva rimanersene presso la madre sua, perchè potea esservi sospetto che si tendesse insidie o alla salvezza della sua anima o alla sua vita. E contro le malvage arti degli ebrei potremmo citare ben dieci bolle di lui, parecchie di Innocenzo IV (1213-1254), di Urbano IV (1261-1264), di Clemente IV (1265-1268), di Onorio IV (1285-1287) e di moltissimi altri. Tra essi menzioneremo Benedetto XII (1334-1342), il quale, pur mostrandosi giustissimo e benevolo verso gli ebrei che si erano rifuggiati nel Venosino, non poteva a meno di deplorare in una sua lettera al re di Aragona « i fatti indecenti, nefandi ed orribili che seguivano dalla dimora degli ebrei tra i cristiani ». Né ci par da tacere la bolla severissima di Martino V dei 3 giugno 1425.

(13) Cfr. Raynaldum, all’anno 1442 e Wadding, Annales franc. XI, p. 280. Raynaldum, all’anno 1456.

(14) Eppure il d.r Strack la cita, p. 146. Si noti che i centuriatori magdeburgensi accusano il pontefice di averla pubblicata per denaro: eppure non era che la rinnovazione fedele di parecchie bolle precedenti: ma per quelli ogni menzogna poteva servire. Del resto questa bolla era nota al podestà di Trento; egli pur riconoscendo il privilegio degli ebrei, se pur era un privilegio, procedette contro di loro in forza del suo ufficio e della sua legittima autorità. E nella sua opinione era stato giustamente confermato a un parere di Giovanni de Liliis giureconsulto. (Cfr. Deckert, Vier Tiroler Kinder p. 19).

(15) Cfr. Strack, o. c. p. 122 s.

(16) Quondam ipsorum non convictos legitime, nec confessos e sopra sine judicio spoliunt, lacerant et occidunt.

(17) Mandamus quatenus non permittas ipsos de cetero super his vel similibus ab aliquibus indebite molestari.

(18) Anche quest’atto di Innocenzo a difesa degli ebrei trovò nei nemici della Chiesa taluno che volle criticarlo.

(19) Il Wagenseil fa dire ai pontefici da lui citati, non sappiamo se in buona o mala fede, parole che nelle loro bolle non si trovano punto.

(20) Bonelli, Dissertazione p. 37.

(21) Ne cita un brano lo Strack p. 148.

(22) Ed invero par ben strano che il papa ivi ordini che nessuna testimonianza di cristiani abbia valore contro gli ebrei, quando non sia confermata anche da un giudeo. E riportata dallo Strack, o. c. p. 148 s. ed. d. 1900 p. 181. Questa disposizione venne oltrepassata di gran lunga da una simile di Ottocaro II di Boemia, il quale in un privilegio concesso agli ebrei nel 1254 pretendeva che le accuse d’infanticidio contro gli ebrei fossero provate da tre testimoni cristiani e da tre testimoni ebrei. L’accusatore, ove l’accusato non fosse stato in questo modo convinto del delitto, doveva subire la stessa pena cui avrebbe dovuto sottostare I’ebreo convinto di quel delitto.

(23) Il pontefice soggiunge che egli crede non abbia questo ad avvenire: è l’espressione d’un pensiero personale affatto.

(24) Cfr. Raynaldum, all’anno 1442.

(25) Cfr. Wadding, XI, p. 280.

(26) Raynaldum, all’anno 1456.

(27) Bonelli, Dissertazione p. 35-38.

24 marzo festa di s. Simonino

24 marzo festa di s. Simonino

Preghiera

Dio restauratore dell’innocenza, per il nome del quale il beato innocente Simone è stato ucciso con una morte durissima dai perfidi giudei; fa si che noi immuni dai contagi di questa vita, possiamo pervenire alla patria celeste. Che vivi e regni…

San Simone da Trento

San Simone da Trento
(festa liturgica 24 marzo)

 

Simone di Trento fu martirizzato il 23 marzo 1475. Dopo un’accurata inchiesta la Chiesa riconobbe la realtà del martirio dell’innocente fanciullo. Nel 1584 il suo nome fu iscritto nel Martirologio romano col titolo di santo su ordine di Papa Gregorio XIII; nel 1588 Papa Sisto V concesse per la diocesi di Trento Messa e Officio proprio del Beato Simonino. La Bolla Beatus Andreas del 22 febbraio 1755 del Papa Benedetto XIV riconobbe nuovamente il culto prestato a san Simonino affermando che “fu crudelmente messo a morte in odio alla fede”, culto confermato da innumerevoli miracoli. Il popolo di Trento ha venerato il suo piccolo patrono fino ai giorni nostri.